La fibrillazione atriale è la più comune tachiaritmia riscontrata nella pratica clinica e rappresenta la più comune causa di ictus embolico.
Riuscire a ripristinare il ritmo sinusale in modo da ridurre il rischio di tromboembolismo dovrebbe rappresentare il target terapeutico. Ma gli attuali farmaci antiaritmici ( Amiodarone , Flecainide , Propafenone, Sotalolo) hanno una ridotta efficacia nel mantenimento del ritmo sinusale e sono gravati da effetti indesiderati, talvolta gravi.
L’AFFIRM First Antiarrhythmic Drug Substudy ( J Am Coll Cardiol 2003 ) ha dimostrato che ad un anno l’antiaritmico più efficace nel mantenimento del ritmo sinusale è l’Amiodarone. Molto bassa invece l’efficacia dei farmaci antiaritmici di classe I .
In assenza di un farmaco antiaritmico ideale è stato proposto di ridurre le complicanze della fibrillazione atriale mediante il controllo della frequenza ventricolare.
Alcuni studi clinici hanno confrontato le due strategie, quella del controllo del ritmo sinusale basata sull’impiego dei farmaci antiaritmici e quella del controllo della frequenza ventricolare incentrata su farmaci quali i calcio antagonisti ed i beta-bloccanti.
Lo studio PIAF e lo studio STAF, per il ridotto campione esaminato, non hanno fornito chiare evidenze sulla migliore strategia da seguire.
Lo studio AFFIRM ha invece rappresentato un landmark ( pietra miliare ) nel trattamento della fibrillazione atriale.
E’ ad oggi il più grande studio clinico mai realizzato riguardante la fibrillazione atriale , con il più lungo periodo osservazionale.
Sono stati arruolati 4.060 pazienti, d’età media 69,7 anni, con una storia di fibrillazione atriale ed ad alto rischio di ictus.
Non è stata osservata differenza statisticamente significativa nell’incidenza della mortalità tra la strategia del controllo del ritmo sinusale ( 356 morti ) e la strategia del controllo della frequenza ventricolare ( 310 morti ), sebbene a partire dal 2° anno si sia osservato un trend favorevole tra i pazienti sottoposti al controllo della frequenza ventricolare.
Il controllo del ritmo sinusale è risultato associato ad una maggiore incidenza di ricoveri ospedalieri e di effetti indesiderati.
Un editoriale comparso sul British Medical Journal conclude la sua disamina su come trattare i pazienti con fibrillazione atriale sottolineando come le evidenze sostengano l’approccio del controllo della frequenza ventricolare per i seguenti motivi:
1) il controllo del ritmo sinusale con gli attuali farmaci antiaritmici non produce un miglioramento dei sintomi o della qualità della vita, o una riduzione degli eventi cardiovascolari , anzi nel lungo periodo la mortalità può anche aumentare;
2) gli attuali farmaci antiaritmici non permettono nella maggioranza dei pazienti il mantenimento del ritmo sinusale, neppure ricorrendo a strategie aggressive;
3) i farmaci antiaritmici sono gravati da effetti collaterali tali da limitarne l’impiego.
Secondo gli Autori dell’editoriale, la maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale persistente dovrebbe inizialmente essere trattata con farmaci che riducano la frequenza ventricolare.
Nei pazienti con fibrillazione atriale fortemente sintomatica, si può far ricorso a farmaci antiaritmici, ed eventualmente prendere in considerazione interventi non farmacologici , quali l’ablazione della vena polmonare o l’ ablazione del nodo atrioventricolare con impianto di un pacemaker ventricolare. ( Xagena 2003 )
Boos CJ et al, BMJ 2003 ; 326 :1411-1412