La chirurgia per il trattamento della fibrillazione atriale può essere associata ad aritmie atriali postoperatorie precoci e tardive.
In molti casi, le aritmie che si presentano precocemente nel decorso postoperatorio possono essere correlate all’infiammazione pericardica oppure ad aumentati livelli di catecolamine, e tendono a risolversi senza ulteriore terapia.
Al contrario, le aritmie postoperatorie tardive spesso sono persistenti, altamente sintomatiche e refrattarie alla terapia medica.
L’incidenza ed i meccanismi di queste aritmie atriali tardive non sono stati accuratamente descritti.
Un totale di 143 pazienti consecutivi sono stati sottoposti ad intervento chirurgico per fibrillazione atriale del 1996 al 2005.
La tachicardia atriale sostenuta si è sviluppata nel 15% dei pazienti dopo più di 8 settimane dall’intervento chirurgico.
Questi pazienti sono stati sottoposti a studio elettrofisiologico.
Un totale di 25 tachicardie distinte sono state mappate in questi 22 pazienti, tra cui 15 localizzate nell’atrio destro e 10 nell’atrio sinistro.
Le tachicardie atriali destre comprendevano il flutter atriale dipendente dall’istmo cavo-tricuspidale ( n=7 ), rientro atriale destro non-istmo dipendente ( n=7 ), ed una tachicardia atriale focale ( n=1 ).
La tachicardie atriali sinistre includevano rientro attorno alla valvola mitrale ( n=3 ) e nel tetto dell’atrio sinistro ( n=7 ).
Tutte le tachicardie sono state trattate con successo mediante ablazione transcatetere con radiofrequenza, con nessuna recidiva nel lungo periodo.
Questo studio ha mostrato che le aritmie postoperatorie per fibrillazione atriale sono da rientro e sono correlate ai confini chirurgici.
L’ablazione transcatetere con radiofrequenza è associata a buona efficacia nel trattamento di queste aritmie tardive. ( Xagena2008 )
McElders HT et al, Circulation 2008; 117: 155-162
Cardio2008