Un’analisi dello studio RACE ( RAte Control versus Electrical cardioversion ) ha confrontato la terapia di controllo del ritmo con quella del controllo della frequenza ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale persistente ed insufficienza cardiaca cronica da lieve a moderata.
Il controllo della frequenza ventricolare non è inferiore al controllo del ritmo nel prevenire la mortalità e la morbidità nei pazienti con fibrillazione atriale.
Un totale di 261 pazienti in classe NYHA II e III al basale, hanno preso parte allo studio.
L’end point primario composito era rappresentato da mortalità cardiovascolare, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, complicanze tromboemboliche, sanguinamento, impianto di pacemaker, effetti indesiderati minaccianti la vita causati dal farmaco.
Dopo in media 2,3 anni, l’end point primario si è presentato nel 22,3% dei pazienti nel gruppo controllo della frequenza e nel 24,4% dei pazienti nel gruppo controllo del ritmo.
Tra i pazienti sottoposti a terapia per il controllo della frequenza si è avuta una più alta incidenza di mortalità cardiovascolare, di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca congestizia e sanguinamenti, mentre i pazienti sotto terapia per il controllo del ritmo hanno presentato più complicanze tromboemboliche, più reazioni avverse da farmaci e necessità di impianto di pacemaker.
Non ci sono state differenze riguardo alla qualità della vita.
Secondo gli Autori, nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia lieve-moderata, il controllo della frequenza non è risultato inferiore al controllo del ritmo.( Xagena2005 )
Hagens VE et al, Am Heart J 2005; 149: 1106-1111
Cardio2005