Gli Autori hanno ipotizzato che la sindrome neonatale da QT lungo ( LQTS ) con blocco atrioventricolare 2:1 potrebbe essere in relazione a mutazioni nel gene HERG.
La sindrome neonatale da QT lungo può comportare un alto rischio di eventi minaccianti la vita, quali l’aritmia ventricolare ed i disturbi della conduzione.
Sono state analizzate le caratteristiche e gli outcome di 23 neonati affetti da LQTS .
I campioni di DNA erano disponibili in 18 casi.
La sindrome da QT lungo è stata diagnosticata in base al prolungamento dell’intervallo QT corretto ( QTc medio = 558 ± 62 ms ) e alla bradicardia neonatale, attribuibile alla bradicardia del seno ( n= 8 ) o al blocco atrioventricolare 2:1 ( n= 15 ).
I sintomi accusati sono stati: sincope in 2 casi, torsade de pointes ( torsione di punta ) in 7 casi ed insufficienza emodinamica in 6 casi.
Si sono verificati 3 decessi in neonati con blocco atrioventricolare 2:1, durante il primo mese di vita.
Durante il periodo neonatale, tutti i bambini hanno assunto beta-bloccanti e 13 hanno ricevuto una combinazione di beta-bloccanti e di un pacing cardiaco permanente.
Durante il periodo di trattamento, i pazienti non hanno manifestato sintomi.
Il periodo di follow-up è stato di 7 anni.
Mutazioni nel gene HERG sono state identificate in 8 casi, mutazioni nel gene KCNQ1 in altri 8 ; in un bambino sono state trovate tre mutazioni a livello dei geni HERG, KCNQ1 e SCN5A.
Il gene LQT2 sembra essere associato ai disturbi della conduzione , mentre il gene LQT1 alla bradicardia sinusale.
Il blocco atrioventricolare 2:1 sembra essere associato in modo preferenziale alle mutazioni HERG.
La sindrome da QT lungo con relativa bradicardia, associabile a blocco atrioventricolare 2:1, ha una prognosi poco favorevole nel primo mese di vita.
Al contrario, la bradicardia sinusale potrebbe essere correlata con le mutazioni KCNQ1, con una buona p rognosi a breve termine, se i pazienti vengono sottoposti a trattamento farmacologico con beta-bloccanti.( Xagena2004 )
Lupoglazoff J-M et al, J Am Coll Card 2004; 43 :826-830
Cardio2004