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PIONEER AF-PCI: minore sanguinamento con i regimi a base di Rivaroxaban nei pazienti con fibrillazione atriale che necessitano di intervento coronarico percutaneo


Una strategia anticoagulante che coinvolge Rivaroxaban ( Xarelto ) ha conferito un minor rischio di sanguinamento rispetto a una strategia che ha impiegato Warfarin ( Coumadin ) nei pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a intervento coronarico percutaneo ( PCI ) con impianto di stent.

Una strategia basata su una bassa dose di Rivaroxaban più un inibitore P2Y12 oppure su Rivaroxaban a dosaggio molto basso più doppia terapia antiaggregante ( DAPT ) potrebbero sostituire la triplice terapia a base di Warfarin più DAPT spesso prescritta ai pazienti con fibrillazione atriale che necessitano di uno stent, con aumentato rischio di sanguinamento.

I ricercatori dello studio PIONEER AF-PCI hanno assegnato in modo casuale 2.124 pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare sottoposti a intervento PCI con impianto di stent a uno di tre regimi post-procedurali.

a) Rivaroxaban a basso dosaggio ( 15 mg al giorno ) più un inibitore P2Y12, ma non l'Aspirina ( Acido Acetilsalicilico ) per 12 mesi;

b) dosaggio molto basso di Rivaroxaban ( 2.5 mg due volte al giorno ) più DAPT per 1, 6 o 12 mesi; oppure

c) tripla terapia standard con un antagonista della vitamina K a dosaggio aggiustato, come Warfarin, più DAPT per 1, 6 o 12 mesi.

La durata della terapia antiaggregante e di DAPT sono stati decisi da ciascun medico curante prima della randomizzazione.

L'endpoint primario di sicurezza era il sanguinamento clinicamente significativo, definito come sanguinamento TIMI maggiore o minore o sanguinamento che richiedeva attenzione medica, a 12 mesi.

In un'analisi post hoc, è stato analizzato l’endpoint di mortalità per qualsiasi causa o di ospedalizzazione ricorrente per un sanguinamento, evento cardiovascolare o altro evento avverso a 12 mesi.

Rispetto al Warfarin, entrambi i gruppi di Rivaroxaban hanno presentato una minore incidenza di sanguinamento clinicamente significativo ( Rivaroxaban a basso dosaggio, 16.8%; Rivaroxaban a dosaggio molto basso, 18%; Warfarin, 26.7%; l’hazard ratio ( HR ) a basse dosi di Rivaroxaban rispetto a Warfarin è stato pari a 0.59 ( IC 95 %, 0.47-0.76; numero necessario da trattare, NNT=11; HR per dosaggi molto bassi di Rivaroxaban rispetto al Warfarin è stato pari a 0.63 ( IC 95%, 0.5-0.8; NNT=12 ).

Nessuna differenza significativa è emersa tra i gruppi nell’endpoint composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus a 12 mesi ( Rivaroxaban a basso dosaggio, 6.5%; Rivaroxaban a dosaggio molto basso, 5.6%; Warfarin, 6% ).

In un'analisi post hoc, il rischio di mortalità per qualsiasi causa o riospedalizzazione è stato del 34.9% nel gruppo Rivaroxaban a basso dosaggio, 31.9% nel gruppo Rivaroxaban a dosaggio molto basso e 41.9% nel gruppo Warfarin ( HR per Rivaroxaban a basso dosaggio vs Warfarin = 0.79; IC 95%, 0.66-0.94; NNT=15; HR per dosaggi molto bassi di Rivaroxaban rispetto al Warfarin = 0.75; IC 95%, 0.62-0.9; NNT=10 ).

La mortalità o le ospedalizzazioni correlate al sanguinamento o gli eventi cardiovascolari sono risultati significativamente più bassi nel gruppo Rivaroxaban rispetto al gruppo Warfarin ( eventi emorragici: P per basse dosi di Rivaroxaban rispetto a Warfarin = 0.032; P per dosi molto basse di Rivaroxaban rispetto al Warfarin = 0.012; eventi cardiovascolari: P a bassa dose di Rivaroxaban = 0.001; P per dosi molto basse di Rivaroxaban rispetto a Warfarin = 0.011 ).

Tuttavia, i decessi o i ricoveri per altre cause non sono risultati più bassi con Rivaroxaban. ( Xagena2016 )

Fonte: American Heart Association ( AHA ) Scientific Sessions, 2016

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